Lapilli nr.29 - Dicembre 2011

sabato 26 dicembre 2009

Natale di sangue in Honduras

Con la complicità dei media che hanno fatto calare il silenzio sull’Honduras “pacificato” dal dittatore di Bergamo Alta Roberto Micheletti, per il quale la ONG “America's Democracy Watch” raccoglie le firme per il Nobel per la Pace, il Natale a Tegucigalpa è un Natale di sangue con il ritrovamento del corpo straziato di Renán Fajardo, 22 anni, laureando in architettura, e membro attivo della Resistenza in Honduras. È l’ennesimo omicidio mirato in un paese dove gli anni ’70 e la guerra sporca non sono mai finiti. La famiglia lo aspettava per festeggiare il Natale ma Renán da due giorni non dava più segni di vita. Fino a che un amico è andato a cercarlo a casa. La scena che ha trovato è stata quella di tutti gli squadroni della morte di decenni di guerra sporca contro chi resiste in America latina. La casa era sottosopra e il corpo di Renán, con evidenti segni di violenza, era stato lasciato in modo da mal simulare un suicidio e sono stati sottratti dall’appartamento sia il computer che la macchina fotografica di Renán.
Il COFADEH (Comité de Familiares de Detenidos Desaparecidos en Honduras), ha raccolto testimonianze di vicini di Renán che parlano di auto senza targa e con i vetri oscurati che da giorni giravano intorno all’abitazione. Renán era un artista, Internet è piena di foto realizzate da lui e che restano a ricordarlo, ma era soprattutto un militante democratico. Aveva girato in lungo e in largo il paese fino al 28 giugno per parlare e creare coscienza nel popolo “catracho” rispetto alla necessità di un’Assemblea Costituente (il motivo del golpe fu evitarla) e poi negli ultimi sei mesi aveva lavorato costantemente per la Resistenza, partecipando a tutte le attività, manifestazioni, marce, che aveva ripreso con la sua macchina fotografica. Da giorni riceveva SMS di minacce ed era spaventato. Evidentemente aveva ragione e gli squadroni della morte sono puntualmente arrivati a colpire una volta di più in maniera selettiva la parte più cosciente del popolo honduregno.

giovedì 24 dicembre 2009

Primo anniversario di Piombo Fuso: Gaza è ancora devastata.

Infopal.it 2009-12-24

Gaza - Un giorno che non può essere cancellato dalla memoria del mondo intero. Aerei da guerra sfrecciano nel cielo e lanciano missili e bombe sulle sedi delle amministrazioni, sulle abitazioni e sui civili innocenti. Intere famiglie sterminate, case rase al suolo, esplosioni e urla di mamme e bambini… le sirene delle ambulanze che non smettono mai di suonare. Questa è la scena che si vive a Gaza a mezzogiorno del 27 dicembre 2008.
Quel giorno, le forze di occupazione israeliane hanno perpetrato i crimini più incredibili e orrendi contro le persone e le cose. Quella data ha segnato infatti l'inizio dell’aggressione alla Striscia di Gaza (un fazzoletto di terra di appena 360 chilometri quadrati, lunga circa 40 km e larga appena 9) sotto falsi pretesti: l'eliminazione di Hamas, votato dal popolo palestinese, e la liberazione di Gilad Shalit, il soldato israeliano catturato dai gruppi della Resistenza palestinese. Ma Hamas è rimasta dov’era e Shalit non è stato liberato.

Omicidi di massa
Nello stesso periodo, oltre 50 aerei da guerra hanno attaccato più di 200 obiettivi nella Striscia di Gaza. In soli due minuti hanno distrutto la maggior parte delle sedi della polizia nella Striscia e hanno ucciso più di 220 cittadini, ferendone oltre 600. Ma i micidiali aerei da guerra non si sono fermati lì: hanno continuato a bombardare la Striscia di Gaza per otto giorni consecutivi, colpendo le case di civili che non hanno a che fare con la Resistenza, le ambulanze, i centri dell'agenzia delle Nazioni Unite, l'UNRWA, per non parlare di scuole e ospedali, pieni di decine di migliaia di sfollati.
Dopo questi otto giorni, centinaia di carri armati e truppe di terra hanno invaso le città e i campi profughi vicini alla frontiera, cancellando interi quartieri abitati. Secondo le statistiche delle Nazioni Unite e delle organizzazioni per i diritti umani nella Striscia di Gaza, 11.154 sono le case distrutte dalle forze israeliane nel corso dei 23 giorni di guerra contro Gaza: 3.632 quelle distrutte del tutto, 8.522 quelle distrutte parzialmente, mentre le case danneggiate lievemente sono circa 52.000.

Interi quartieri rasi al suolo
A causa della distruzione di quelle case, decine di migliaia di famiglie adesso vivono all'aperto, senza riparo. Al momento della stesura di questo articolo, mercoledì 23 dicembre 2009, secondo un censimento delle Nazioni Unite le persone che vivono senzatetto, a seguito della distruzione delle loro case, sono 107.509, tra cui ovviamente bambini, anziani, donne...
Nonostante le numerose promesse di diversi organismi ufficiali internazionali riguardanti la ricostruzione delle case distrutte – promesse fatte durante la ‘Conferenza dei donatori’ svoltasi a Sharm el-Shaykh, in Egitto, dopo l’aggressione israeliana a Gaza -, tali buone intenzioni non si sono ancora concretizzate. Il volume delle perdite stimate durante quella conferenza ammontava a due miliardi di dollari.
Il corrispondente di
Infopal.it a Gaza ci propone un caso tra le migliaia di persone che vivono senzatetto e che attendono che questa situazione cambi, ovvero che i cosiddetti ‘donatori’ attuino le loro promesse e gli occupanti israeliani tolgano l'immorale embargo imposto alla Striscia di Gaza.
Si tratta del caso della famiglia di Mohammad Khader, composta da tre membri: due femmine e un maschio, tutti affetti da malattie croniche: il fratello maggiore ha 50 anni ed è infermo, mentre le due sorelle soffrono di malattie cardiache e di problemi muscolari. Questa famiglia ha perso la propria casa il dodicesimo giorno dell’aggressione a Gaza, quando gli aerei da guerra israeliani hanno bombardato il quartiere dove abitavano, il quartiere as-Salam (la Pace, ndr), a nord della Striscia. Lì gli israeliani hanno demolito tutto, e fortunatamente la Croce Rossa ha prontamente evacuato gli abitanti del quartiere prima che venisse distrutto totalmente dagli aerei e dai carri armati israeliani.
Su‘ad, la sorella maggiore, ci ha guardato con le lacrime dell'angoscia e del dolore, ma all'improvviso ha detto ad alta voce: "Ogni giorno vengono i vari media e ci intervistano per puntare i riflettori sulla nostra sofferenza, ma non vediamo nessuno che si dà da fare concretamente. Io, mio fratello e mia sorella abbiamo bisogno di cure, in particolare la mia sorellina che ha bisogno di medicine per 250 dollari al mese, una somma esorbitante che non abbiamo e che possiamo ottenere solo attraverso l'aiuto di alcune organizzazioni locali".
Questa famiglia, che vive in una tenda di stoffa ricevuta dall'agenzia delle Nazioni Unite UNRWA, rivolge dunque un appello agli spiriti liberi di tutto il mondo affinché la aiutino a ricostruirsi una casa per proteggersi dal freddo dell'inverno e dalla pioggia che scorre sotto i loro piedi mentre stanno nella tenda, per non parlare della mancanza di coperte adatte…

Distruzione sistematica
L’aggressione contro Gaza non si è limitata a colpire gli uomini e le abitazioni. Gli israeliani hanno distrutto intenzionalmente l'economia della Striscia di Gaza: 211 stabilimenti industriali, che vanno dalle fabbriche tessili alle ferriere, dalle industrie chimiche alle fabbriche di laterizi, oltre al danneggiamento di ben 721 attività commerciali, che ha lasciato migliaia di persone senza lavoro. Perciò, il tasso di disoccupazione ha raggiunto livelli record anche in confronto ai Paesi più poveri del mondo. Infatti, secondo le recenti statistiche delle Nazioni Unite, essa è aumentata a causa dell’ininterrotto embargo israeliano imposto alla Striscia di Gaza, al quale si è aggiunta l’aggressione dell’inverno scorso: adesso siamo al 73%, col reddito pro capite che è inferiore a un dollaro al giorno, tra l’altro ricevuto tramite gli aiuti dell'UNRWA, che fornisce sostegno a centinaia di migliaia di persone nella Striscia di Gaza.
Nemmeno i settori agricolo e dell’allevamento si sono salvati dalla brutale aggressione israeliana. I bulldozer israeliani hanno distrutto e raso al suolo 627.175 ettari coltivati, per lo più frutteti, ossia 448.298 alberi, ma anche 219 pozzi che servivano ad irrigare le colture, mentre per quanto concerne il settore zootecnico le forze di occupazione hanno ucciso 8.912 animali, tra pollame e bestiame. E' opportuno ricordare che la Striscia di Gaza è ancora in piena rovina: nemmeno una casa è stata ricostruita come si deve, a causa dell'ignobile embargo israeliano che costringe un milione e mezzo di persone in una grande ‘prigione a cielo aperto’. Anzi, Gaza è molto peggio di una prigione, perché gli israeliani vi impediscono l'introduzione della maggior parte dei generi di prima necessità, come il latte per i bambini e le medicine, eccetto quel poco che arriva tramite le ‘carovane di solidarietà’ con la gente di Gaza che riescono sporadicamente a rompere l’embargo.

mercoledì 23 dicembre 2009

Inquinano da secoli, il conto lo paghino i ricchi

Simone Pieranni Il Manifesto

PECHINO - Copenhagen è distante dalla Cina, non solo geograficamente. Cambiamento climatico a Pechino vuol dire lo squarcio azzurro dopo giorni di grigio acido, inquinato, di traffico snervante, sempre di più, e delle consuete carrette cariche di carbone che affollano gli hutong, i vicoli formati dal susseguirsi delle abitazioni tradizionali. In attesa di ridurre le emissioni, ci si ripara dal gelo con ogni mezzo. Carbone che si alza e si confonde con la polvere dei mille cantieri aperti, con altri gas e tutto quanto è portato dall'industrializzazione cinese.
Un processo enorme ma recente: per questo risolvere la delicata questione climatica è responsabilità dei paesi ricchi. Che inquinano da secoli, mica da trent'anni: «Noi faremo quello che possiamo, ma tocca ai paesi industrializzati impegnarsi più degli altri» conclude laconicamente un cinese su un forum di discussione on line.
Copenhagen è distante, ci pensino i politici, è la sintesi. D'altronde a impegnarsi ci sono i numeri uno e i futuri potenziali leader. Li Keqiang - che le poche indiscrezioni politiche pechinesi danno come avversario diretto e agguerrito di Xi Jinping, per raccogliere l'eredità di Hu Jintao e inaugurare la quinta generazione - è a capo del Consiglio cinese per la cooperazione internazionale su ambiente e sviluppo, mentre Wen Jiabao - secondo i media cinesi, e non solo - è atterrato a Copenhagen nella veste di risolutore di problemi.
L'arrivo del premier cinese ha infatti cambiato i racconti dalla capitale danese: dal gelo cinese si è passati all'incertezza. È pur sempre qualcosa, anche se i preparativi per un vertice delicato si erano già avuti a Pechino. I cinesi non si interessano alle questioni mondiali, finché in qualche modo non viene intaccato l'amor proprio nazionale. Finora nei blog o nei forum on line non si assiste a commenti vibranti, ma a tante parole di speranza. Tutto concentrato sulla Cina: pochissime righe sugli scontri e le proteste. Tanta retorica, come nelle comunicazioni ufficiali dell'entourage cinese da Copenhagen: «La Cina attribuisce priorità massima alla questione climatica» si legge.
In attesa che l'agenda vada avanti, come affermato da Wen Jiabao, in Cina si osserva e si tace. Il Global Times ha lanciato l'hot forum sul caso, ma la discussione insegue i temi ufficiali e lancia strali, al massimo, contro i paesi ricchi. E dire che in Cina invece il dibattito tra riviste e personaggi di rilievo si è avuto prima di Copenhagen: a ridosso della visita di Obama era scoppiato un mini scandalo legato ad alcune cifre pubblicate da China Daily e riprese dal Financial Times che aveva scritto come la Cina fosse «in corsa per assumere la leadership verde mondiale».
Tanto che in un editoriale del Nanfangzhoumo, di solito cautamente indipendente nelle sue inchieste, non si andava per il sottile, sottolineando l'impegno cinese a fronte della «mancanza di impegno concreto da parte degli Stati Uniti», nonché l'affermarsi della nuova leadership cinese in tema di cambiamenti climatici, a fronte di un declino yankee. «Al momento, era scritto, l'Ue si è impegnata a ridurre le emissioni del 20%, il governo giapponese di Hatoyama si è impegnato a una riduzione del 25%. La riduzione delle emissioni da parte cinese è condizionata: sono i capitali dei paesi sviluppati a dover sostenere le tecnologie».
Sulla questione si interrogano i giovani di Cop15China, sul cui sito si sono registrati molti volontari cinesi giunti a Copenhagen. Dopo aver chiarito quanto la Cina stia facendo sforzi immani per il miglioramento climatico, si chiedono: «la Cina può essere ancora considerata un paese in via di sviluppo?»

sabato 19 dicembre 2009

Il governo butta 330 milioni dal Ponte

Il Cipe approva un nuovo finanziamento per l'opera pubblica cara a Berlusconi. E l'Impregilo ringrazia
da Andrea Palladino su ilmanifesto.it

I nuovi fondi vanno ad aggiungersi al miliardo e 300 milioni di euro già stanziati nella finanziaria 2010. «Una spintarella» per il presidente di Impregilo Massimo Ponzellino. E Matteoli annuncia: «Per la posa della prima pietra aspetteremo il ritorno di Berlusconi» Un bel pacco di milioni, appena due giorni prima di Natale, per il Ponte sullo Stretto di Messina. Milioni che si aggiungono alla già considerevole cifra di 1,3 miliardi di euro, previsti all'interno della finanziaria 2010. E per la posa della prima pietra il governo prepara una gran festa, per il rientro ufficiale del premier: «Abbiamo deciso di attendere, in modo che possa essere presente anche il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi», ha commentato - quasi commosso - il toscano Altero Matteoli ieri alla fine del consiglio dei ministri.
L'ultimo finanziamento del governo per l'opera che era stata scartata da Prodi è pari a 330 milioni di euro. «Una spintarella», ha commentato sorridente il presidente di Impregilo Massimo Ponzellini, arrivato a Palazzo Chigi mentre era in corso la riunione del consiglio dei ministri durante la quale sono stati stanziati i fondi aggiuntivi. La firma sul decreto è quella del Cipe, ovvero la cabina di regia economica dove siedono i principali ministri, oltre all'indagato per camorra Nicola Cosentino, con delega di Tremonti. I soldi stanziati entreranno direttamente all'interno della società Stretto di Messina Spa, che a sua volta li riverserà al general contractor, la Eurolink, società consortile guidata dal gigante Impregilo. Opera inutile, grimaldello per le speculazioni, boccone ricco per le mafie: sul ponte sullo Stretto è stato detto quanto sarebbe bastato per fermare la macchina del turbo capitalismo di Berlusconi. «Attribuiamo grande importanza alle infrastrutture del paese», ha però spiegato Matteoli ieri in tarda mattinata, durante al conferenza stampa del dopo consiglio dei ministri. E a Milano, nella sede dell'Impregilo, hanno festeggiato, preparandosi a gestire quella valanga di soldi e cemento che unirà le coste della Calabria e della Sicilia.
La società controllata dai gruppi Benetton, Gavio e Ligresti - con la partecipazione minoritaria delle Generali - ha poco dopo ricevuto una seconda grande notizia, questa volta da Bogotà. Una giornata speciale, da vero clima natalizio: in Colombia costruiranno una mega diga, dal valore di 600 milioni di dollari, riaprendo il filone sudamericano che si era un po' arrugginito dopo la fine poco gloriosa dell'avventura della gestione dell'acqua in Argentina. Nel continente latinoamericano, qualche anno fa, il colosso italiano delle mega opere pubbliche era stato mandato via dalla provincia di Buenos Aires - il presidente della provincia arrivò alla rescissione del contratto per inadempimento - dopo la rivolta della popolazione per la gestione controversa dell'acqua. Era il tempo della fine dell'era Menem e colossi come Suez e l'italiana Impregilo si trovarono al centro delle proteste popolari. E ancora oggi la società che gestisce la «Autopista del sol», l'autostrada che collega Buenos Aires con altre importanti città e controllata per il 20% da Impregilo, si trova in difficoltà finanziarie serie, dovute, secondo l'azienda, «al mancato aumento dei pedaggi».
Oggi in Italia l'aria è differente. Il governo li ha di fatto perdonati per i problemi di Acerra, dove l'inceneritore ha dato non pochi grattacapi, anche giudiziari, mentre nessuno si mette a vedere il passato di azionisti del peso di Salvatore Ligresti, siciliano trapiantato con grande fortuna - sua - a Milano e "riabilitato" dal Tribunale dopo aver scontato una pena a due anni e quattro mesi - per le tangenti Eni-Sai - con un affidamento ai servizi sociali. L'economia in tempo di crisi, da queste parti, funziona così, con una sorta di Robin Tax al contrario: i milioni di euro si tolgono alla scuola, ai comuni, ai servizi, ai cittadini per riversarli nelle casse degli amici di sempre. Soldi destinati, tra l'altro, ad opere palesemente inutili.
«Io ho studiato a Messina - racconta un ragazzo del Csoa Angela Cartella di Reggio Calabria - e ci mettevo venticinque minuti per arrivare nel centro della città siciliana». Con il ponte ci vorrà probabilmente il doppio, visto che i due terminali saranno ben distanti dalle città dello stretto. Gli abitanti di Reggio Calabria sono i primi a rendersi conto dell'assoluta inutilità dell'opera miliardaria del governo Berlusconi. «Anzi è dannosa», spiegano. Perché le opere accessorie che sono state finanziate comporteranno lo stravolgimento del sistema ferroviario, realizzando una curva pericolosa all'altezza della città di Villa. Ed è paradossale pensare che il ponte sarà il terminale della Salerno - Reggio Calabria, l'autostrada finanziata per decenni e mai finita, vera mucca da mungere per le cosche della 'ndrangheta, che hanno ricapitalizzato il traffico di droga con i soldi delle opere pubbliche. Ed è dalla Calabria che non vuole mafia e speculazione che arriverà sabato prossimo la risposta al progetto Berlusconi-Impregilo.
L'appuntamento è alle nove, a Villa San Giovanni.


Andrea Palladino ilmanifesto 18.12.2009
CHE NE PENSATE?

sabato 12 dicembre 2009

Turchia, scontri nel Paese dopo scioglimento partito curdo

Aspri scontri oggi in diverse città del Sudest curdo della Turchia, dopo che un tribunale ha sciolto un importante partito curdo, causando un arresto ai tentativi del governo di porre termine a decenni di conflitti in Paese che si candida a entrare nella Ue. Ad Ankara, i deputati del partito della Società Democratica (Dtp) hanno dichiarato che lasceranno il Parlamento per protestare contro la sentenza della Corte Costituzionale che ha sciolto il partito, sentenza che ha fatto preoccupare l'Ue e Washington. Nella città di Hakkari centinaia di manifestanti hanno affrontato la polizia in tenuta anti-sommossa lanciando molotov e pietre, secondo quel che mostrano le foto diffuse dal sito web del quotidiano Hurriyet. La polizia ha sparato con cannoni ad acqua e ha lanciato lacrimogeni ai manifestanti, che hanno innalzato barricate nelle strade. L'agenzia di stato Anatolian ha riferito che ad Akkari è rimasta ferita una ragazzina, e nella stessa città i manifestanti hanno aggredito due agenti di polizia che sono stati salvati da due ex funzionari del Dtp. Ci sono notizie di scontri anche a Van e di proteste nella città di Diyarbakir, la maggiore città del Sudest, dove la tensione resta alta. La Corte si è espressa ieri per lo scioglimento del Dtp dopo averlo ritenuto colpevole di cooperare con i militanti separatisti del Partito dei lavoratori del Kurdistan, il Pkk. La sentenza ha fatto piombare il partito a maggioranza musulmana nell'incertezza politica, minando i tentativi del partito del primo ministro Tayyip Erdogan, l'Ak, di riconciliarsi con la minoranza curda e di porre termine a decenni di conflitto.

giovedì 10 dicembre 2009

Misterioso fascio di luce nei cieli della Norvegia. Ufo o missile russo?

Ticino Libero

La spiegazione ufficiale per il fenomeno celeste nei cieli della Norvegia che ha messo in allarme gli ufologi di tutto il mondo e fatto restare i norvegesi incantati con il naso all’insù, sarebbe un esperimento andato a male del missile russo Bulava.
Le luci apparse mercoledì poco prima delle otto del mattino dalla provincia di Trøndelag sino a Finnmark, formazioni luminose di colore blù a forma di spirale, non sono quelle di un’astronave aliena. Né si è trattato di una meteora in rotta di collisione con la terra e nemmeno di un qualche strano fenomeno atmosferico.Il quotidiano russo Vedomosti, citando una fonte militare, ha spiegato che si è trattato del fallimento di un test del missile balistico navale russo RSM-56 Bulava.
L’apparizione è iniziata con la formazione di un globo luminoso irradiante anelli di luce che avevano preso la forma di una spirale, bianca verso l’esterno e di blu verso il nucleo, una forma ancora più grande della luna.La spirale ha percorso un tratto di cielo lasciando dietro di sé una scia bluastra. Si tratterebbe appunto degli effetti dovuti alla traiettoria deviata del missile, del carburante liberato e della reazione con l’atmosfera ad alta quota.

mercoledì 2 dicembre 2009

NOVITA' LAPILLIANE AL CREPUSCOLO DEL 2009...



Ci scusiamo con i nostri lettori telematici per l'interruzione dell'aggiornamento del blog. Ci stiamo riorganizzando anche per voi con nuovi collaboratori on line. Lapilli è ancora vivo e vegeto, e non ha mai smesso di essere pubblicato. Sta per uscire il nuovo numero, l'ultimo del 2009, in nuovo formato tascabile. Disponibile in cartaceo, ma anche scaricabile on-line. In questo ultimo scorcio dell’anno, e per iniziare il 2010 all’insegna del cambiamento di look e sotto i migliori auspici, proponiamo il nuovo formato “pocket”, maneggevole e a portata di borsetta. Un modo come un altro per festeggiare il Natale ormai alle porte. Anche se, nel mondo che ci circonda, e nel nostro territorio catanese in particolare, non pare esserci molto da festeggiare… Le tematiche che affronteremo, non a caso, sono tutt’altro che natalizie. Attualità, attualità e ancora attualità. Perchè, detto tra noi, è di informazione che abbiamo bisogno. Vogliamo capire, riflettere su cosa sta accadendo attorno a noi. Senza filtri e censure.
Qualche anticipazione: troverete articoli su Giustizia e politica, sul processo breve, sugli effetti del Pacchetto Sicurezza sull’immigrazione, sulla salute e l'influenza A, sul caso editoriale "Il fatto Quotidiano", sul centro sociale Experia di Catania, recentemente chiuso e poi rioccupato dai cittadini.
A presto allora. E buon Natale a tutti.
Il direttore E. G. Papa

mercoledì 3 giugno 2009

MAGGIO: UN MESE DI RICORRENZE

di Emilia Giuliana Papa

Un mese denso di anniversari, ricorrenze e appuntamenti importanti quello di maggio. Innanzitutto, i riflettori dei media sono puntati, per una volta, sulla cultura e sul mercato librario, ingiustamente mortificato dalla concorrenza di internet. “Lapilli” si associa alle iniziative di promozione del libro, che fioccano a tutti i livelli. Abbiamo visto aprire i battenti alla più prestigiosa Fiera Internazionale del Libro, quella di Torino, appuntamento annuale imperdibile per gli appassionati e gli operatori culturali dell’attuale panorama editoriale. Incentrato quest’anno sul tema dell’Io e del rapporto con l’Altro dai punti di vista sociale, psicologico, scientifico e soprattutto “politico”, aficionados, organizzatori dell’evento nonché 53 nuovi editori hanno proposto stand, laboratori, dibattiti con autori e convegni ricchi di spunti di riflessione interessanti, sulla base di un motivo conduttore quanto mai attuale.
Un Io malato e ipertrofico, quello dei giorni nostri, egoista ed edonista, incapace di confronto con l’Altro, che ha perso ogni senso civico e morale, ogni volontà di comunicare realmente per trovare punti di incontro e soluzioni operative al disagio crescente. Un Io che assiste impotente all’attuale crisi di valori, oltre che economica, nascondendosi ed esibendosi tutt’al più - in un vanesio gioco di specchi - dietro identità virtuali che a nulla giovano in concreto se non a contraffare la realtà e ad eluderne i problemi.
Uno di questi, che riempie le pagine dei giornali assieme all’ipotizzato divorzio di Berlusconi (e l’accostamento è tanto grottesco quanto tristemente reale), è il cosiddetto “pacchetto sicurezza” discusso e approvato in questi giorni, con particolare riferimento alla parte di ddl relativa agli immigrati. In poche parole – ed ecco tornare al leit motiv della Fiera – la risposta del Governo al problema del rapporto ormai alterato con il Diverso, icona del Male, rappresentato da quegli extracomunitari che ormai affollano le nostre strade, lavorano nelle nostre case, assistono i nostri anziani e i cui figli frequentano le nostre scuole. Con buona pace del Premier che sembra – in modo del tutto anacronistico – negare l’esistenza stessa di una società multietnica in Italia. Che ormai è un fatto, non un pericolo da scongiurare. Ebbene, in questi giorni è stato votato un decreto legge sul fenomeno immigrazione, rigido e inflessibile, che pare non lasciare -di fatto- alcuno spiraglio neppure per chi chiede asilo politico, quasi fossero irrilevanti i sottili “distinguo” tra delinquenti e persone per bene in difficoltà, quasi che unico scopo fosse rifiutare in blocco i migranti in quanto diversi, in contrasto con ogni principio di solidarietà e con ogni diritto di accoglienza, peraltro sancito dalla Costituzione.
Inutile ribadire che netta è stata la disapprovazione da parte non solo dell’opposizione, ma anche di esponenti di primo piano della CEI, del Vaticano e di autorevoli giornali cattolici nonché, naturalmente, degli organismi internazionali. Se poi spostiamo la nostra attenzione dal nostro Canale di Sicilia alla cosiddetta “Padania”, restiamo esterrefatti di fronte alle dichiarazioni di un Salvini leghista che, facendoci evocare ricordi lontani di eventi consegnati alla storia, propone di riservare alcuni vagoni della metropolitana di Milano soltanto ai cittadini meneghini. E fioccano altre rimostranze e proteste cui questa volta si associa persino il Presidente della Camera Gianfranco Fini. Si richiedono spiegazioni. Si risponde che si è soltanto trattato di una boutade, di una provocazione (di pessimo gusto, vien da aggiungere). In definitiva, speriamo di sbagliarci, riteniamo però che questo stato di cose sia la spia più che attendibile di una insofferenza sociale e di una tendenza verso traguardi xenofobi e razzisti da non sottovalutare.
Ma cambiamo argomento. Non mi sottraggo alla tentazione di ricordare un altro anniversario che smentisce, per fortuna, il pessimismo poc’anzi espresso sull’attuale Io malato e privo di senso della comunità: il 23 maggio 1992 moriva Giovanni Falcone, stroncato nell’attentato di Capaci dopo una lunga carriera di magistrato, e una intera vita, dedicate al Bene Pubblico, all’antimafia e al perseguimento della Giustizia. Una sola considerazione ci soccorre in questi anni bui, e sono le sue stesse parole: “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.
L’impegno profuso, nel nostro piccolo, attraverso le pagine di “Lapilli”, con le sole forze di una redazione armata unicamente di ideali e di penne per scrivere - tutt’al più di un pc portatile -conferma che le idee, quando sono buone, non si dimenticano. E camminano. In attesa che qualcuno, più competente e con più mezzi, le possa realizzare in concreto. Intanto, siamo arrivati a 2 anni da quel maggio 2007 in cui, un po’ per gioco e un po’ per passione, abbiamo iniziato la nostra avventura giornalistica. E questo è l’ultimo anniversario del mese, di certo il meno importante, che ci teniamo comunque a segnalare. Per i nostri lettori, speriamo sempre più numerosi. Buon compleanno, Lapilli!

mercoledì 25 febbraio 2009

Alla ricerca della nuova Springfield


Bene bene, a quanto pare dopo l’accordo tra monsieur Sarkozy e il fido Silvio sul nucleare, con la cooperazione tra Enel e Edf, non resta che rassegnarci al ritorno delle centrali nucleari in Italia. Paura? Ma no, tranquilli! Una parte del mondo scientifico ci ripete che le centrali di ultima generazione sono sicure, asciutte e pulite. Speriamo però non siano sicure come le centrali francesi, dove negli ultimi 7 mesi si sono verificati 10 incidenti, di cui almeno un paio di una certa gravità, a Tricastin e Pierrelatte. E poi, come non credere al ministro Scajola, che dice che il nucleare è scelta obbligata per non restare a secco d’energia? L’unica scelta possibile. Il sole può attendere.
Ma quali saranno le sedi delle 4 nuove centrali previste? In pole position la Sicilia che si è candidata (!) per una centrale nella zona tra Augusta e Ragusa, poi la Puglia, la Basilicata e il Veneto, nella zona di Porto Tolle (Rovigo). Facile immaginare, dopo i no-Tav, i no-Ponte, i no-Dal Molin anche i no-Atomo…
Eppure un sito ideale per una centrale nucleare ci sarebbe: Arcore.

venerdì 20 febbraio 2009

al via il Decreto antistupri


Il consiglio dei ministri, ha approvato all’unanimità il decreto antistupri. Il decreto, come preannunciato, autorizza le ronde a cui i semplici cittadini potranno partecipare. In realtà è stato previsto per gli ex agenti di polizia, ma si sa che il popolo italiano seguirà la tendenza e si armerà… No!! I membri non dovranno essere armati, e dovranno procedere in coordinamento con il prefetto, ci saranno delle liste di volontari depositate in prefettura e ovviamente dovranno essere incensurati. Tutto questo a seguito dei recenti fatti accaduti. Ma il premier ci rassicura. I casi di stupro, dal 2006, sono diminuiti del 10%, anche grazie ai pattugliamenti dei militari nelle nostre città. Sarà vero? Allora perché far ricorso alla legislazione d’urgenza? E come mai, in questa norma si parla anche del fatto che gli immigrati dovranno essere trattenuti nei centri di identificazione per sei mesi, quando sino ad ora erano previsti due mesi?

domenica 15 febbraio 2009

Baciamo le mani


Che fine ha fatto l’ex sindaco di Catania? Dove è andato a svernare il “simpatico” guaglione che ha lasciato la città immersa nei debiti (oltre 900 milioni di euro), al buio e in uno stato di degrado senza precedenti? Premiato da Berlusconi con un posto al Senato nelle ultime elezioni, guardacaso alla vigilia della condanna in primo grado, lo scorso 2 maggio, a due anni e mezzo di reclusione per abuso d’ufficio e violazione della legge elettorale, sembra ora alle prese con altri grattacapi.
La Procura di Catania ha infatti chiesto per Scapagnini il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio per gare d’appalto pilotate e modifica illegale del bando, nell’ambito dell’inchiesta sui parcheggi sotterranei da realizzare in projet financing. Tra gli altri 7 soggetti coinvolti nell’inchiesta, sono stati rinviati a giudizio per turbata libertà degli incanti anche i rappresentanti legali delle ditte Virlinzi e Costanzo, che avrebbero dovuto realizzare le opere.
E mentre la città è volontariamente tenuta all’oscuro su tutti gli intrallazzi tra politica e imprenditoria locale (per molto meno in Campania è scoppiato un putiferio che ha coinvolto l’imprenditore Romeo e diversi politici), a quali altri baci starà pensando il nostro caro Umberto?

domenica 8 febbraio 2009

Il volo degli avvoltoi


Potevano mancare gli avvoltoi al momento dell’epilogo della triste vicenda di Eluana Englaro? Ovviamente no. Eppure da anni il padre di Eluana lotta per liberare la figlia, che da 16 anni non-vive con un sondino che le porta cibo e acqua in un corpo spento e imbottito di farmaci. Dove fossero questo e i precedenti governi, genuflessi al sacro-romano-impero-vaticano, quando si trattava di porre all’ordine del giorno il tema del testamento biologico non è chiaro. Ora che la magistratura si è pronunciata, in assenza di una legge che regoli la materia, non resta che strumentalizzare, avrà pensato Silvio. Attaccare la Costituzione, ben sapendo che un decreto emesso dal governo per annullare una sentenza di un giudice è incostituzionale, come ha ricordato Napolitano, che della Carta è custode. Usare Eluana per avvertire il Colle che chi comanda è lui.
Il resto è il solito squallido contorno di esternazioni del premier-medico (“Eluana non è in morte celebrale perché respira ed è autonoma, e potrebbe in ipotesi anche avere un figlio”) e del premier-cabarettista che si augura di “fare in tempo” con la legge, ora che l’alimentazione è stata sospesa, perché “una persona normale sta due o tre giorni senza mangiare e bere. Pannella ne sa qualcosa”.
Più in basso di così si può?

giovedì 29 gennaio 2009

Nuova intesa USA-Iran



L'Iran si dichiara pronto a collaborare con il nuovo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, a patto che questi cambieranno le loro politiche nella regione. In realtà il presidente americano dovrà riconoscere il ruolo di Teheran nelle politiche delle regioni occupate, l'Iraq in primo luogo. Ma anche in Afghanistan e in Libano. Ruolo che di fatto già ha assunto l'Iran, dimostrando che di fatto la violenza in Iraq è già diminuita. Insomma, se Barack Obama riesce a non perdersi in chiacchere, forse si potrà anche vedere una rinegoziazione sulle azioni intraprese dall'Iran sul nucleare. Buona fortuna

giovedì 8 gennaio 2009

Ma che freddo farà?


Continua la guerra del gas tra Mosca e Kiev. Putin ha deciso di chiudere i rubinetti e questo tocca anche l’Europa. A Bruxelles si è svolta una riunione ai massimi livelli tra La Commissione Europea, e i due colossi del gas Gazprom e Naftogaz. La Russia accusa l’Ucraina di sottrarre illegalmente il gas e quindi l’erogazione avverrà solo quando la Commissione europea accerterà che sia vero e porrà un rimedio.
Ma in Italia come siamo messi? Moriremo dal freddo? Il Ministro Scajola non ci allarma e dice che il belpaese ha scorte a sufficienza per almeno due mesi. In effetti l’Italia, lo scorso novembre, secondo dati della Stogit, aveva uno stoccaggio di circa 12 miliardi di metri cubi complessivi, di cui circa 5 di stoccaggio definito “strategico”. Inoltre la Russia non è il maggior fornitore dell’Italia. Il primo fornitore è l’Algeria (34%), gas proveniente dal gasdotto di Mazara del Vallo, poi la Russia (30%), dalla rete nazionale di Gorizia, la Libia è al terzo posto con il 12,5%, i Paesi Bassi (11%) e la Norvegia (7,5%). Il restante 5% viene importato da altri paesi. A quanto pare non sarà un inverno tanto freddo come si crede…