Lapilli nr.29 - Dicembre 2011

sabato 19 dicembre 2009

Il governo butta 330 milioni dal Ponte

Il Cipe approva un nuovo finanziamento per l'opera pubblica cara a Berlusconi. E l'Impregilo ringrazia
da Andrea Palladino su ilmanifesto.it

I nuovi fondi vanno ad aggiungersi al miliardo e 300 milioni di euro già stanziati nella finanziaria 2010. «Una spintarella» per il presidente di Impregilo Massimo Ponzellino. E Matteoli annuncia: «Per la posa della prima pietra aspetteremo il ritorno di Berlusconi» Un bel pacco di milioni, appena due giorni prima di Natale, per il Ponte sullo Stretto di Messina. Milioni che si aggiungono alla già considerevole cifra di 1,3 miliardi di euro, previsti all'interno della finanziaria 2010. E per la posa della prima pietra il governo prepara una gran festa, per il rientro ufficiale del premier: «Abbiamo deciso di attendere, in modo che possa essere presente anche il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi», ha commentato - quasi commosso - il toscano Altero Matteoli ieri alla fine del consiglio dei ministri.
L'ultimo finanziamento del governo per l'opera che era stata scartata da Prodi è pari a 330 milioni di euro. «Una spintarella», ha commentato sorridente il presidente di Impregilo Massimo Ponzellini, arrivato a Palazzo Chigi mentre era in corso la riunione del consiglio dei ministri durante la quale sono stati stanziati i fondi aggiuntivi. La firma sul decreto è quella del Cipe, ovvero la cabina di regia economica dove siedono i principali ministri, oltre all'indagato per camorra Nicola Cosentino, con delega di Tremonti. I soldi stanziati entreranno direttamente all'interno della società Stretto di Messina Spa, che a sua volta li riverserà al general contractor, la Eurolink, società consortile guidata dal gigante Impregilo. Opera inutile, grimaldello per le speculazioni, boccone ricco per le mafie: sul ponte sullo Stretto è stato detto quanto sarebbe bastato per fermare la macchina del turbo capitalismo di Berlusconi. «Attribuiamo grande importanza alle infrastrutture del paese», ha però spiegato Matteoli ieri in tarda mattinata, durante al conferenza stampa del dopo consiglio dei ministri. E a Milano, nella sede dell'Impregilo, hanno festeggiato, preparandosi a gestire quella valanga di soldi e cemento che unirà le coste della Calabria e della Sicilia.
La società controllata dai gruppi Benetton, Gavio e Ligresti - con la partecipazione minoritaria delle Generali - ha poco dopo ricevuto una seconda grande notizia, questa volta da Bogotà. Una giornata speciale, da vero clima natalizio: in Colombia costruiranno una mega diga, dal valore di 600 milioni di dollari, riaprendo il filone sudamericano che si era un po' arrugginito dopo la fine poco gloriosa dell'avventura della gestione dell'acqua in Argentina. Nel continente latinoamericano, qualche anno fa, il colosso italiano delle mega opere pubbliche era stato mandato via dalla provincia di Buenos Aires - il presidente della provincia arrivò alla rescissione del contratto per inadempimento - dopo la rivolta della popolazione per la gestione controversa dell'acqua. Era il tempo della fine dell'era Menem e colossi come Suez e l'italiana Impregilo si trovarono al centro delle proteste popolari. E ancora oggi la società che gestisce la «Autopista del sol», l'autostrada che collega Buenos Aires con altre importanti città e controllata per il 20% da Impregilo, si trova in difficoltà finanziarie serie, dovute, secondo l'azienda, «al mancato aumento dei pedaggi».
Oggi in Italia l'aria è differente. Il governo li ha di fatto perdonati per i problemi di Acerra, dove l'inceneritore ha dato non pochi grattacapi, anche giudiziari, mentre nessuno si mette a vedere il passato di azionisti del peso di Salvatore Ligresti, siciliano trapiantato con grande fortuna - sua - a Milano e "riabilitato" dal Tribunale dopo aver scontato una pena a due anni e quattro mesi - per le tangenti Eni-Sai - con un affidamento ai servizi sociali. L'economia in tempo di crisi, da queste parti, funziona così, con una sorta di Robin Tax al contrario: i milioni di euro si tolgono alla scuola, ai comuni, ai servizi, ai cittadini per riversarli nelle casse degli amici di sempre. Soldi destinati, tra l'altro, ad opere palesemente inutili.
«Io ho studiato a Messina - racconta un ragazzo del Csoa Angela Cartella di Reggio Calabria - e ci mettevo venticinque minuti per arrivare nel centro della città siciliana». Con il ponte ci vorrà probabilmente il doppio, visto che i due terminali saranno ben distanti dalle città dello stretto. Gli abitanti di Reggio Calabria sono i primi a rendersi conto dell'assoluta inutilità dell'opera miliardaria del governo Berlusconi. «Anzi è dannosa», spiegano. Perché le opere accessorie che sono state finanziate comporteranno lo stravolgimento del sistema ferroviario, realizzando una curva pericolosa all'altezza della città di Villa. Ed è paradossale pensare che il ponte sarà il terminale della Salerno - Reggio Calabria, l'autostrada finanziata per decenni e mai finita, vera mucca da mungere per le cosche della 'ndrangheta, che hanno ricapitalizzato il traffico di droga con i soldi delle opere pubbliche. Ed è dalla Calabria che non vuole mafia e speculazione che arriverà sabato prossimo la risposta al progetto Berlusconi-Impregilo.
L'appuntamento è alle nove, a Villa San Giovanni.


Andrea Palladino ilmanifesto 18.12.2009
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