Lapilli nr.29 - Dicembre 2011

martedì 26 gennaio 2010

Archeologia in Italia: tempi duri per Indiana Jones

L'archeologo: una professione non riconosciuta dallo Stato sottomessa alle cooperative private. Un codice deontologico per valorizzare chi scrive la storia d'Italia patrimonio dell'umanità per l'Unesco.
Nelle liste stilate dall'ente internazionale, il nostro paese si posiziona primo per ricchezze artistiche ed archeologiche. Oltre 850 siti che rappresentano circa il 40% dei beni archeologici mondiali. In un paese così ricco di storia, la professione di chi la storia la scrive non è nemmeno ufficialmente riconosciuta. Parliamo degli archeologi.
Per lo Stato Italiano, soltanto i 250 dipendenti pubblici del Ministero per i Beni Culturali hanno la qualifica di "archeologo" – nonostante abbiano lauree in altri ambiti. Di conseguenza, a partire dagli anni Settanta sono nate delle Cooperative Archeologiche, che – data la carenza normativa in materia – possono imporre condizioni di lavoro veramente disagevoli. Ad esempio, l'archeologo è costretto ad aprire partita I.v.a. e lavorare come libero professionista. Le paghe sono davvero ridotte ai minimi termini: per otto ore al giorno su un cantiere, privo di cassa integrazione e delle garanzie riservate ai dipendenti pubblici, riceve 80€ al giorno (su cui deve pagare tutte le tasse previste per il libero professionista).
Per mettere ordine in questo vuoto normativo sono nate l'Associazione Nazionale Archeologi e la Confederazione Nazionale Archeologi. L'A.n.a. rappresenta 2500 iscritti, provenienti da tutte le regioni d'Italia. Grazie a loro, in Parlamento è ora in lavorazione una proposta di legge, presentata dall'On. Madia del Pd, per regolamentare la professione. Uno dei punti fondamentali del testo è l'inserimento all'interno del Codice Urbani – che regola la materia dei Beni Culturali – della definizione "archeologo". Infatti, nel testo di legge si fa riferimento soltanto a tecnici e persone che "ritrovano ciò che è antico". Una definizione così ampia da aprire la strada a mercenari ed Indiana Jones privi di curriculum adeguato. La professione dell'archeologo non è soltanto lo scavo tecnico, ma è soprattutto la fase di ricerca scientifico-storica che lo precede.
Per valorizzare tutto questo, sia l'A.n.a. che la C.i.a. hanno redatto dei codici deontologici che ogni archeologo e cooperativa dovrebbe seguire, per il giusto rapporto morale ed etico nei riguardi del bene archeologico e dei colleghi. Prima cooperativa archeologica ad adottare il codice è stata ArcheologiAttiva, una libreria che fornisce servizi per missioni in Italia ed all'estero, nonché per il turismo integrato. Tra i capisaldi seguiti c'è proprio l'idea che l'archeologo non sia soltanto un "ritrovatore", ma soprattutto colui che "scrive la storia". E gli deve essere riconosciuto.

Alessio Viscardi
Avanguardie 11 Gennaio 2010

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