Lapilli nr.29 - Dicembre 2011

mercoledì 28 aprile 2010

Le donne piangono in Congo

E’ di stamattina la notizia che l’inviato speciale dell’ONU, Margot Wallstrom, ha rivolto un appello al Consiglio di Sicurezza, definendo il Congo come “la capitale mondiale dello stupro”, per porre un freno alle violenze. Nel primo trimestre di quest’anno, ci sono state 1244 denuncie per stupro.
Ma in realtà questa non è una novità. Ultimamente una giornalista, Emanuela Zuccalà, ha condotto un reportage nello Stato Africano in cui si evince che il Congo lotta da più di dieci anni per ottenere la giustizia richiesta. Inoltre c’è un documentario, “The Greatest Silence”, vincitore al Sundance Festival del 2008, che testimonia tutto ciò. A seguito dei conflitti tra nord e sud del Kivu, a ridosso della frontiera con il Ruanda, dal 1998 si combatte una delle guerre più sanguinose degli ultimi anni, dall’opinione pubblica considerata come una faida etnica, ma che in verità mira al controllo del territorio ricco di oro, diamanti e tantalio, un metallo molto raro in natura adoperato per la produzione di strumenti chirurgici e protesi. E lo stupro è l’arma e lo svago di tutte le milizie: dei ribelli, dei combattenti filo-governativi, delle etnie più povere e dell’esercito regolare. A farne le spese sono sempre le donne. E’ inimmaginabile quello che devono subire. Abusi di gruppo, torture con bastoni, coltelli, baionette. Colpi di pistola e fucile esplosi dentro i loro corpi. Evidentemente è il metodo più rapido per eliminare i futuri combattenti avversari. Ed inoltre ci sono le bambine, il piatto più goloso perchè c’è la credenza popolare che violare una vergine rende immortali.
Per renderci conto dei numeri, diciamo che nel 2008, e solo nel Sud del Kivu, l’agenzia dell’ONU Unfpa ha censito 11.600 donne che hanno chiesto cure a seguito di violenza sessuale. E l’unica struttura che si occupa di questo è l’ospedale di Panzi, un’istituzione specializzata a Bukavu, al confine con il Ruanda e sulle sponde del lago Kivu, la quale riceve tutti i casi di donne brutalizzate.
Amnesty International aveva raccomandato ai gruppi armati, al governo e alla comunità internazionale di agire immediatamente per porre fine alle violazioni dei diritti umani. Le raccomandazioni includono la richiesta ai gruppi armati di rilasciare immediatamente tutti i bambini reclutati per combattere, i cosiddetti baby-soldato, e di adottare misure per porre fine alla violenza sessuale. L’appello era del 2008, le guerre continuano, i bambini vengono arrolati con la forza ancora oggi e le donne continuano a partorire figli non voluti.

1 commento:

El Barto ha detto...

ovviamente in questi paesi africani nessuno vuole esportare la democrazia... non c'è un Saddam da abbattere per prendersi il petrolio, ma pseudogoverni corrotti e bande armate con cui trattare sottobanco per accaparrarsi le ricchezze. A chi importa di donne e bambini?